La storia di un percorso scandita in tre movimenti-capitoli concentrici e contigui come un’operetta di musica ambientale. Il tema della morte, del lutto per la perdita di un compagno, la religiosità, la madre, il paese, i viaggi, l’amicizia, costituiscono il tessuto narrativo di una complessa ricerca di interiorità e di approfondimento
Pier Vittorio Tondelli
Ci sono romanzi di cui è estremamente difficile parlare, romanzi così contorti e che ti fanno sentire così presa, che scrivere una recensione (che presuppone un certo grado di distacco) diventa quasi impossibile. Ho quindi deciso che di questo libro, di Camere Separate, scriverò sotto pioggia di pensieri, senza seguire un ordine che negli altri piccoli articoli ho cercato di darmi.
«Tondelli fu uno dei primi intellettuali a tentare di raccontare e descrivere il presente non da una prospettiva distaccata, ma vivendoci dentro e mettendoci le mani e il corpo. Facendosi lui stesso presente, senza però cedergli. Aveva pudore, e una chiarissima coscienza della serietà del lavoro intellettuale: per indole e convinzione rifiutò per tutta la vita di farsi spettacolo, di trasformarsi in un simbolo o in un personaggio TV».
Così ne parla Giacomo Papi, che è sostanzialmente il modo per dire che Tondelli non è stato uno scrittore di passaggio, quanto un rivoluzionario, che ha fatto in modo che la letteratura parlasse soprattutto della realtà.
E il suo essere rivoluzionario si nota a partire dalla struttura stessa del romanzo, diviso non in tre sezioni, quanto in movimenti, che scandiscono il tempo della vita di Leo, tra passato, presente e futuro. Si tratta, infatti, di un romanzo intimo e intimistico, quasi come se la camera fosse fisica e noi ci trovassimo all’interno di essa, con Leo che racconta della sua storia d’amore con Thomas. Thomas, un musicista di 22 anni, più piccolo di Leo, scrittore, che di anni ne ha quasi 30; Thomas, che con i suoi immensi occhi neri perseguita Leo, soprattutto dopo la sua morte. Flashback e pensieri si intrecciano nel romanzo, che sfugge all’articolazione di una trama vera e propria, per darci invece il quadro di un amore diverso, tormentato, distante perché troppo forte per essere unito.
[…] la piccola frase che si trovò a scrivere in una di queste lettere fu “camere separate”. E spiegò a Thomas che avrebbe voluto, con lui, un rapporto di contiguità, di appartenenza ma non di possesso. Che preferiva restare solo, ma nello stesso tempo, pensava a lui come all’amante prediletto, al favorito di un fidanzamento perenne. Che non dovevano temere della loro solitudine, anzi viverla come il frutto più completo del loro amore perché, in fondo, pur nella separatezza, loro si appartenevano e continuavano ad amarsi.
E’ l’idea più vicina all’amore che Leo conosca: difficile, malinconico, che ha come sinonimo il distacco. Un distacco che però Thomas non comprende, nonostante ci provi, perché desideroso di normalità. Ma in questo libro non c’è spazio per la quotidianità. La diversità di cui tanto si parla all’interno del libro, non è collegata esclusivamente all’omosessualità, quanto all’impossibilità (eppure la sua necessità) dell’amore.
E, ancora, la diversità dell’autore sta nella sua scrittura. Questo è un passaggio molto complesso da capire e che io credo sia legato al pensiero di Tondelli stesso, che voleva scrivere di cose vere.
Se con Thomas non ha funzionato, se la sua vita sentimentale è un disastro, se nel profondo è inquieto e non troverà mai pace, è perché lui è diverso e si deve costruire una scala di valori partendo proprio da questa sua diversità. Niente di quello che ha trovato gli è andato bene e lui si sta sforzando, da anni, di cercare la maniera giusta. La sua diversità, quello che lo distingue dagli amici del paese in cui p nato, non è tanto il fatto di non avere un lavoro, né una casa, né un compagno, né figli, ma proprio il suo scrivere, il dire continuamente in termini di scrittura quello che gli altri sono ben contenti di piacere.
Come dicevo, l’ho trovato un concetto molto difficile, che credo possa capire profondamente soltanto chi scrittore lo è davvero o perlomeno si sente tale, mentre io in quel momento mi sono per un momento distaccata.
Con una prosa che sfocia nel poetico, Tondelli ci racconta il tutto in terza persona, non facendoci però avvertire il distacco, ma anzi, avvicinandoci di più alla storia. Credo sia un romanzo da leggere più volte, perché a seconda delle proprie esperienze e del momento stesso in cui si legge, si può trovare un nuovo significato ad una singola parola.
Vi lascio, infine, con una delle mie parti preferite e da cui credo si possa capire per davvero la bellezza e la delicatezza dello stile di Tondelli.
Amore è un corpo longilineo e asciutto, dalle membra ancora adolescenti, morbide, sinuose e nobili. E’ un viso allungato dalle forti mascelle squadrate. E’ una coppia di occhi intensi e neri su cui, ogni tanto, ricade un ciuffo di capelli color miele scuro. E’ un particolare, modo di muovere le mani o di lasciarle penzolanti, parallele alle gambe. E’ finalmente una voce, l’intonazione di un bacio soffocato, l’emozione di una risata aperta e squillante. E’ la sobrietà dei modi, l’essenzialità, la grazia di una entità che nel presente stato di questo sogno corrisponde al nome di Thomas, suona con le sue mani, bacia con le sue labbra color porpora, ama con i suoi lombi tesi.
L’esperienza di lettura di Camere separate è risultata molto intensa e l’ho condivisa con Antonio Lombardi. Potete trovare i suoi pensieri qui (perché le nostre, sia chiaro, sono non-recensioni). Vi consiglio di seguirlo anche su Instagram, se ancora non lo fate.
Se invece volete leggerlo anche voi, vi invio al link Amazon. Vi ricordo che sono affiliata ad Amazon e che se deciderete di acquistare il libro tramite questo link, riceverò una piccola commissione (che è già compresa nel vostro acquisto). Grazie mille se deciderete di farlo!
Qualcuno di voi lo ha già letto? Parliamone nei commenti, se vi va.
Alla prossima,
Carmen